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REVOCA DELLA PRESTAZIONE ASSISTENZIALE ED AZIONE GIUDIZIARIA SENZA NUOVA DOMANDA AMMINISTRATIVA

Le sezioni unite della Corte di Cassazione, con riferimento alle prestazioni c.d. di durata, la cui

esecuzione si protrae nel tempo ed è suscettibile di modificazioni per effetto di fatti sopravvenuti che ne modificano i requisiti costitutivi del diritto, con sentenza 9.5.2022 n. 14561, di “contrario avviso” ad un recente consolidato orientamento giurisprudenziale della stessa Corte di Cassazione, hanno affermato il seguente principio di diritto:

Ai fini della proponibilità dell’azione giudiziaria con la quale, in caso di revoca di una

prestazione assistenziale, si intende accertare la persistenza dei requisiti costitutivi del diritto

alla prestazione di invalidità, non è necessario presentare una nuova domanda

amministrativa”.

Occorre preliminarmente evidenziare che le prestazioni assistenziali sono, oltre all’indennità di accompagnamento (oggetto della causa decisa) anche l’invalidità civile, la cecità totale, la sordità civile e l’handicap.

In precedenza la giurisprudenza della Cassazione si era uniformemente espressa affermando che la domanda giudiziaria volta al ripristino di una prestazione in godimento, revocata all’esito di un controllo in sede amministrativa, doveva essere preceduta da una nuova domanda amministrativa, domanda che è funzionale di norma alla necessità di un accertamento dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento di un nuovo beneficio.

E ciò in quanto, sempre secondo il precedente orientamento della Cassazione, una volta intervenuta la revoca ed estinto il diritto, per il suo ripristino sarebbe stata necessaria una nuova istanza in via amministrativa, da presentare anche il giorno successivo alla comunicazione della revoca. Conseguente a tale premessa, la mancanza di una domanda amministrativa per la Corte di Cassazione rendeva l’azione giudiziaria improponibile.

Le Sezioni unite della Suprema Corte, con la citata sentenza n.14561/2022 hanno “ribaltato” il riferito precedente consolidato orientamento in quanto “imponendo all’invalido, che si sia visto revocare la prestazione in godimento, l’obbligo di presentare una nuova domanda amministrativa, si finisce per precludere, in contrasto con i principi dettati dagli artt. 24 e 113 Cost., la possibilità di ottenere una piena tutela giurisdizionale del diritto inciso dal provvedimento adottato dall’amministrazione”.

Anche perché, evidenziano le sezioni unite, ove si contesti il venir meno dei requisiti sanitari e

socioeconomici della prestazione con conseguente revoca della prestazione, un nuovo accertamento in sede amministrativa (conseguente alla domanda amministrativa “imposta” dal citato orientamento) risulta essere un duplicato di un’azione amministrativa appena conclusasi con la revoca.

Imporre l’obbligo di una domanda amministrativa significa attivare un nuovo procedimento amministrativo che altro non è se non una replica di quel controllo già svolto in sede di revisione, al quale si collega l’insorgenza di un nuovo diritto che “è, sì identico nel contenuto rispetto a quello revocato, ma non assicura la continuità della prestazione”.

Per le sezioni unite, quindi, la presentazione di una domanda amministrativa quale antecedente necessario per la proposizione della domanda giudiziaria avverso la revoca della prestazione assistenziale, si risolve in un adempimento che comporta, da un lato, rilevanti conseguenze in danno dell’invalido al quale non potrà essere riconosciuto in sede giudiziaria un integrale ripristino del diritto illegittimamente revocato e, “dall’altro non assolve ad un concreto interesse per l’amministrazione la quale in sede di revisione della prestazione ha già svolto gli accertamenti amministrativi necessari alla verifica dell’esistenza o meno in capo all’invalido dei requisiti costitutivi del diritto già in godimento. Si tratta di adempimento che nel descritto contesto non è funzionale ad agevolare la risoluzione amministrativa della potenziale controversia agendo deflattivamente sul contenzioso giudiziario”.

Aggiungasi che, essendo la prestazione ancorata alla disciplina vigente all’atto della domanda

amministrativa, in caso di “mutamento” della disciplina, il diritto potrebbe venire meno in base alla nuova disciplina, con impossibilità per il giudice, di ripristinare la prestazione.

Il principio espresso dalle sezioni unite è di rilievo non solo per le prestazioni assistenziali in genere (com’è per la fattispecie decisa dalle sezioni unite), ma anche per tutte le prestazioni c.d. di durata, la cui esecuzione si protrae nel tempo (ad es. pensione di invalidità o inabilità), e per le quali non si giustifica la necessità di anteporre una domanda amministrativa alla proposizione dell’azione giudiziaria a tutela del diritto dell’invalido che sia stato inciso dalla determinazione unilaterale di revoca da parte dell’ente.


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